Là dove la safena risulta completamente dilatata con un evidente reflusso dal circolo venoso profondo verso quello superficiale, qualche anno fa veniva eseguita la cosidetta chirurgia radicale, ovvero veniva eseguita una asportazione completa della safena interna con successivo stripping. Questa tecnica risultava comunque invasiva e richiedeva almeno un giorno di ricovero, ma non solo, in un a percentuale variabile dei casi, poteva creare recidive a distanza di tempo.
Questo tipo di chirurgia è stata sostituita negli ultimi anni dall’utilizzo del laser o della radiofrequenza sia per la minore invasività del trattamento sia per la notevole riduzione del numero di recidive.
Questa procedura si effettua in ambulatorio, senza convalescenza e con una ripresa immediata delle proprie attività lavorative.
Un catetere eco-guidato di piccole dimensioni viene introdotto all’interno della vena malata attraverso una microincisione praticata sulle cute. La sonda é introdotta dal basso verso l’alto fino a giungere a 2 cm dall’imbocco della vena safena nella vena femorale che come sappiamo fa parte del circolo venoso profondo. Il catetere, alimentato da energia attraverso la radiofrequenza trasmette calore alla parete venosa. Questo viene ritirato progressivamente lungo tutto il decorso della safena provocandone la sua occlusione.
Il sangue si dirige quindi verso le vene sane ripristinando immediatamente una circolazione venosa normale.
Subito dopo la procedura si applica un semplice cerottino sulla micro-incisione che non lascerà alcuna cicatrice visibile. Viene quindi applicato un bendaggio su tutta la gamba per una durata di tre giorni.
La stessa procedura può essere utilizzata attraverso l’uso di una sonda laser, anche se la radiofrequenza rappresenta oggi la metodica di scelta nel trattamento della malattia safenica.
Dr Francesco Artale Angiologo e Chirurgo vascolare